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LUCIO

Data, luogo e casa di pubblicazione prima pubblicazione nella rivista Linea d’Ombra, n.53, 1990; poi in V. Valentini (a cura di), Franco Scaldati, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997

Versioni altre 1977, 2002, ott. 2005, 11 mar. 2010, molti copioni non datati

Linguaggio ad eccezione della dedica iniziale, in italiano, il testo è in palermitano

Personaggi Lucio, Illuminata, Ziù, Ziè, Pasquale, Crocifisso, Ancilù, Ancilà

Note In forma di rosa è una versione precedente di Lucio, messa in scena prima del 1977,   e cioè nel 1976.

 

 

Analisi

 

Tutta l’opera è costruita attorno al mito di Lucio, aspirazione alla luce e al contempo letame, essenza del teatro e uomo mutilato; egli non è solo il commediante mitico di cui tutti ricordano la bravura o quello molto più mediocre che si incontra in scena: probabilmente ciascun personaggio appare come corale espressione del cummirianti di professione, ciascuno di loro incarna quella stessa aspirazione  alla luce, spinta poetica di tutto il teatro scaldatiano.

 I personaggi sono angeli, bambini, topolini di pezza, straccioni e commedianti. Non possiamo definirlo né un teatro di intreccio né di un teatro di caratteri, in quanto nessuno di loro ha una chiara caratterizzazione psicologica, che al massimo è deducibile dalle situazioni in cui si trovano ad esistere, più che ad agire. Ricaviamo alcune informazioni riguardo il corpo di Crocifisso, Pasquale e Lucio: essi sono deformi, ad uno mancano le gambe, l’altro è cieco, e Lucio è senza un braccio. Se per Pasquale e Crocifisso questo comporta una stretta interdipendenza prima di tutto fisica, per Lucio la menomazione è un forte limite che non si risolve agilmente nella scena, anzi diventa spesso oggetto di derisione da parte della compagna. I loro caratteri non sono facilmente individuabili, tuttavia per ciascuno di loro si riscontra una totale assenza di cattiveria e malignità. Lucio e Illuminata recitano, mangiano, fanno dei progetti futuri, giocano, Illuminata parla con dei fiori, tuttavia le loro azioni non hanno un peso particolare all’interno dell’intreccio. Come accade per i due topolini Ziù e Zié, tutti i personaggi sognano e ricordano di un tempo passato, spesso correlato ad un cibo che adesso non c’è (per i topolini si tratta del formaggio e del latte di cui era fatta la luna presso la quale abitavano un tempo, per Pasquale e Crocifisso nomi di cibi – tipici della tradizione siciliana – che forse un tempo hanno assaggiato). Si viene svegliati dal sonno, aiutati nelle azioni, ma si viene anche uccisi, come accadrà a Crocifisso, ucciso dal compagno Pasquale e resuscitato dai due angeli Ancilù e Ancilà, che hanno un compito speculare e di cui avvertiamo solo le infauste conseguenze. 

La modalità con la quale è costruito Lucio trascende il modello aristotelico di inizio-centro-fine, la sua struttura a quadri non è dichiarata esplicitamente, ma dettabile in base ai cambi di personaggi (che determinano anche il cambio di situazioni e di ambientazioni). In una dimensione temporale cristallizzata, che procede per salti, si nota come il ruolo dell’intreccio sia marginale; in questo racconto a più voci, più importanti sembrano allora le situazioni che accadono tra le singole coppie, le quali non hanno molte interazioni le une con le altre se non in alcuni sporadici casi. Ai dialoghi costituiti da domanda-risposta, spesso si sostituiscono dei frammenti che costituiscono un discorso unico, suddiviso tra le due diverse voci. I dialoghi tra Pasquale e Crocifisso spesso hanno forte connotazione assurda sconfinante però in una logica dell’irrealtà. Molto spesso il discorso non suggerisce alcuna azione, descrive un ricordo, un desiderio, è, per citare le parole del testo, tutto parole.

In Lucio la natura è onnipresente; si parla coi fiori e si è innamorati della luna, e pur non ottenendo mai una risposta da questi (come una sorta di dio muto) la natura non è vista come una presenza incombente o malvagia. Ad essa e alla terra appartengono anche i cibi elencati dai personaggi; nel mare si trova l’uomo che dovrebbero salvare i due angeli; in esso si trova, magicamente, la luna. Il tema del teatro attraversa trasversalmente tutto lo spettacolo, e sembra quasi che, oltre ad esser l’oggetto dei quadri in cui i commedianti provano alcune parti, il teatro possa esser l’ambiente ideale di tutto lo spettacolo, unico luogo in cui possano coesistere senza scontrarsi personaggi e realtà tanti diverse l’una dall’altra. La morte come condizione dell’essere è presente più di una volta nel corso dell’opera: si sta per (l’uomo in mezzo al mare), si rischia di (i due vagabondi), si muore e addirittura si rinasce. È una morte reversibile, è liberazione. In quest’ottica si inserisce il particolare ribaltamento tra salvezza e perdizione, secondo cui per andare in paradiso, bisogna passare dall’inferno, per cui ad esempio ad essere resuscitati sono i deformi. Tale ambiguità, come lo stesso Scaldati attesta, tale dualità insita nell’essere umano è una caratteristica fondamentale della sua visione teatrale, mutuata da Beckett, secondo il quale «ogni uomo ha in sé un altro uomo». L’intero corpus di personaggi è costituito da coppie inscindibili, i cui componenti non sussistono l’uno senza l’altro. Ma il tema del doppio, della dualità, si esplica anche ad un livello interiore, in quanto gli stessi personaggi a volte sono confusi sulla propria identità, se sono maschi o femmine, vivi oppure morti, ponendo in maniera estremamente semplice – ma non per questo banale – temi profondi che caratterizzano la nostra epoca. In particolare la coppia Luce/buio è una costante che attraversa tutto il testo: l’una non si dà senza l’altra; e mentre la luce si fa aspirazione, desiderio, musa, è l’innamorata Lucia che parla coi fiori e che dolcemente ferisce, il buio, le tenebre, la notte, sono il luogo in cui si trovano i personaggi a confine tra la vita e la morte, ma sono anche il luogo della fantasia e della possibilità non ancora realizzata. Pur essendo presente il tema del sacro negli angeli, nei nomi degli straccioni in cui si evoca la passione cristiana, questo non è affrontato secondo un’ottica “cattolica”, anzi semmai si ha la sensazione di vivere in un mondo pagano la cui sacralità, manifestazione umana che trascende l’ambito organizzato della chiesa, è denunciata dal rispetto profondo e dall’amore. Sacra è la devozione cui si appella Illuminata nel primo dialogo recitato a cui invece Lucio si contrappone cedendo all’ebbrezza del vino, indispensabile per poter cantare. E tuttavia non c’è malizia all’interno dei discorsi; l’amore,  ideale – inteso come aspirazione verso qualcosa – o concreto verso un oggetto o una persona – che pure è componente fondamentale –, è un amore sconfinato e innocente, curioso nella scoperta dell’altro sesso come tra bambini, generoso nella condivisione dei propri averi con un altro, fosse anche questo un cane o uno storpio. L’amore si mette in scena attraverso le parole o gli abbracci. C’è solo un’eccezione a questa visione, che più che altro sembra confermare la regola anziché contraddirla: in un dialogo tra Lucio e Illuminata sembra che la commediante abbia in qualche modo circuito il vecchio che riposa accanto a loro per estorcergli del denaro. Al contrario della Anna di Occhi, lei non ottiene nulla in cambio, non è quella la strada inutile da percorrere. Ciò che appare invece estremamente evidente è la grande paura della solitudine, dell’abbandono: si sta insieme; quando si è da soli si soffre, non si riesce a vivere o a compiere le proprie missioni, e se ci si incontra non ci si vuole separare più (Ancilù e Ancilà); si sta insieme anche se ci si mal sopporta, anche se si dichiara che l’altro è un peso (Crocifisso per Pasquale), o una minaccia (Illuminata che vuole accoltellare Lucio o Pasquale che uccide Crocifisso). L’altro è il compagno con il quale compiere il perenne viaggio attraverso cui si può rievocare il passato mitico e l’unico che può trovarsi accanto a noi, nonostante le brutte esperienze, gli errori, o le colpe.

Quanto alle figure retoriche presenti, oltre ad allitterazioni (una per tutte il gioco ironico costruito sull’allitterazione tra le parola sasizza e munnizza, salsiccia e immondizia) consonanze, anafore, sono presenti delle metafore semplici, che quasi non vengono riconosciute come tali, entrate a far parte del linguaggio comune: è il bruciore che non è febbre né malattia ma amore. Altri esempi sono rappresentati dalla personificazione degli elementi naturali (Vento come unico compagno) o all’opposto la naturalizzazione dei personaggi (Lucio come letame); molte sineddoche: denti d’oro, occhi di fata sono degli epiteti riferiti a Illuminata; paradossi: hai più canini tu che cento muli; elenchi ed enumerazioni.

Le modalità di linguaggio sono abbastanza simili tra i vari personaggi, ciò che cambia è il contenuto, in quanto la coppia Lucio / Illuminata è da una parte spinta da discorsi amorosi (siano essi reali o teatrali), mentre la coppia Crocifisso/Pasquale è mossa da bisogni più terreni, legati alla soddisfazione corporale ( fame, minzione, sopravvivenza); i due angeli sono molto” umani”, i loro discorsi vertono sull’aiutare un uomo in fin di vita, ma in maniera diametralmente opposta; la coppia di topi è l’unica a parlare sempre in rima, onirici i contenuti del loro discorrere, si parla di un tempo mitico in cui i topi vivevano sulla luna mangiando latte. 

Il linguaggio ha una varietà di suoni notevole, molto ricca rispetto il corrispettivo italiano. Anche se non sempre rispettata, è evidente una ricerca metrica, che culla dolcemente l’ascoltatore, dovuta dalla presenza di assonanze, di rime, soprattutto al mezzo, che contribuiscono a rafforzare il legame  e la scioltezza tra le battute.

Galleria Fotografica
Audio e Video
Teatro Contemporaneo d'autore

Franco Scaldati

a cura di Valentina Valentini

 

Registrazione effettuata in diretta a Parma

il 7 settembre 1997 al Casino dei Boschi di Carrega

Ancora 1
Lucio - Franco Scaldati
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Recensioni e Scritti critici

Titolo  Lo stupore della vita. Fra le porte d'un labirinto il bello ed il brutto

Autore  Roberto Alajmo
Pubblicato  «Giornale di Sicilia», lunedì 4 febbraio 1991
Diritti  © Tutti i diritti riservati.

 

 

Titolo  I sogni dei barboni
Autore  Franco Quadri
Pubblicato  «la repubblica», sabato 8 dicembre 1990

Diritti  © Tutti i diritti riservati.
 

 

Titolo  I barboni sognano la luna
Autore  Oliviero Ponte di Pino
Pubblicato  «il Manifesto», sabato 8 dicembre 1990

Diritti  © Tutti i diritti riservati.

 

 

Titolo  E Lucio sposò terra e cielo
Autore  Roberto Giambrone
Pubblicato  «l’Ora», lunedì 10 aprile 1989

Diritti  © Tutti i diritti riservati.

 

 

Titolo  Due personaggi in cerca d'amore
Autore  Anna Bandettini
Pubblicato  «la Repubblica », mercoledì 5 dicembre 1990

Diritti  © Tutti i diritti riservati.

 

 

Titolo  Storie di guitti
Autore  Guido Valdini
Pubblicato  «l’Ora», 20 gennaio 1978

Diritti  © Tutti i diritti riservati.

 

 

Titolo  Nel teatro dei fantasmi di Pasquale e Crocifisso

Autore  Maria Grazia Gregori
Pubblicato  «l’Unità», Martedì 11 dicembre 1990

Diritti  © Tutti i diritti riservati.

 

Rappresentazioni

LUCIO. 1978.

Regia Alberto Ardizzone
Scene Giovanni Lo Cicero
Con Alberto Ardizzone, Fabio Cangialosi, Gaspare Cucinella, Toti Giambertone, Marisa Randi, Franco Scaldati, Patrizia Urso
Produzione Cooperativa Teatrale Gruppo 5
Partinico, 1978

 

 

LUCIO. 1990.

[ripresa dello spettacolo]
Regia: Chérif
Scene e costumi: Tobia Ercolino
Musiche: Bruno De Franceschi
Con: Maria Amato, Gaspare Cucinella, Elvira Feo, Paolo La Bruna, Vito Savalli, Franco Scaldati
Produzione: Piccolo Teatro Città di Palermo
Milano, Teatro dell’Elfo, Dicembre 1990

 

 

LUCIO. 2014.
Regia: Franco Maresco
Con: Mimmo Cutcchio, Melino Imparato, Gino Carista
Scene e costumi: Cesare Inzerillo e Nicola Sferruzza
Musiche originali di: Salvatore Bonafede
Montaggio video di: Francesco Guttuso e Giuliano La Franca
Produzione: Teatro Biondo.
Palermo, Teatro Biondo, 8-13 aprile 2014

 

Testo Verbale

PRIMO ESTRATTO

Da p. 14 a p. 35. Traduzione Antonella di Salvo in Valentina Valentini, Franco Scaldati, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997

 

Locandina

Locandina di "Lucio" 1990 

regia di Chérif

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